Dal 1985 in Svizzera viene eseguito l’inventario Sanasilva. All’inizio esso era stato creato per monitorare la "moria o deperimento delle foreste". Nel decennio dal 1990 è emerso che questo inventario da solo non era sufficiente, né per caratterizzare lo stato di salute del bosco, né tantomeno per studiare le cause del fenomeno.
Per questo motivo, dal 1994 sono state delimitate e predisposte su scala nazionale 18 aree per il monitoraggio e la ricerca a lungo termine sugli ecosistemi forestali (LWF). Sono ora disponibili numerosi risultati acquisiti con il progetto LWF.
Rilevamenti dello stato delle foreste tramite il grado di diradamento delle chiome
Per rilevare e valutare in modo obiettivo l’evoluzione a lungo termine dello stato di salute delle foreste, i ricercatori dell’istituto federale di ricerca WSL avviarono l’Inventario Sanasilva che prevedeva indagini a scadenza annuale. A tal fine si doveva elaborare un indicatore che fosse semplice da rilevare. Dal momento che un albero, prima di morire, perde gli aghi o le foglie, si decise di adottare il rilevamento della “perdita di aghi e foglie" (più tardi denominato “diradamento delle chiome”), esprimendo il valore in percentuale di diradamento della chioma rispetto ad un albero rigoglioso e completamente provvisto di foglie ed aghi.
Per standardizzare i rilevamenti, i ricercatori hanno elaborato una guida fotografica per ogni specie arborea con le immagini dei diversi gradi di defogliazione, utilizzata come riferimento visivo. In occasione delle indagini, per ogni albero campione sono stati rilevati, oltre al grado di diradamento dell’intera chioma, anche la percentuale di defogliazione che non poteva essere spiegata da cause conosciute come insetti o danni da gelo.
Assieme al grado di diradamento delle chiome viene rilevato pure il tasso di mortalità e di utilizzazione annuale degli alberi. Il tasso di mortalità è la percentuale di alberi che erano ancora vivi e che sono morti rimanendo in piedi, durante l'anno successivo. I dati sul diradamento delle chiome raccolti in quasi tutti i Paesi Europei sono stati integrati nel Programma delle Nazioni Unite "ICP Forests", e sono poi memorizzati in un database centrale (aree di 1° Livello) in modo da confrontarli tra di loro.
Risultati dell’Inventario Sanasilva
La percentuale di alberi fortemente defoliati aumentò continuamente fin verso la metà degli anni 1990 (vedi Figura 2). In seguito, malgrado le elevati fluttuazioni annuali, non si è constatata nessuna tendenza a lungo termine. Lo stesso andamento è stato osservato anche nei Paesi vicini. Alcuni aumenti annuali significativi del grado di diradamento delle chiome si registrano comunque in coincidenza di eventi climatici particolari. In questo senso il peggioramento dello stato delle chiome osservato nel 1987 poté essere ricondotto agli estesi danni da gelate dell’inverno precedente. Gli aumenti rilevati nel 1990 e nel 2000 si sono verificati dopo le gravi tempeste Vivian e Lothar. Il maggior incremento a livello di grado di diradamento delle chiome ha tuttavia avuto luogo nell’anno che ha seguito la calura e la siccità estiva del 2003.
Prima della fine di luglio in tutta la Svizzera erano relativamente pochi gli alberi che avevano perso precocemente le foglie. Da agosto, quando la maggior parte dell'inventario Sanasilva era già stata eseguita, le foglie di una parte degli alberi iniziarono a cambiare colore. L’elevato stress provocato dalla siccità della tarda estate del 2003 ha fatto sì che gli alberi avevano formato delle gemme che contenevano meno foglie, fenomeno che trovò espressione con un aumento del grado di trasparenza delle chiome rilevato nel 2004.
Sulle aree di saggio Sanasilva, sul lungo termine mediamente muoiono ogni anno tra lo 0,3 e lo 0,4% degli alberi presenti. Tassi di mortalità simili sono comunque presenti anche nelle altre foreste gestite. Contrariamente a quanto osservato per il grado di diradamento delle chiome, durante i primi 10 anni non si è rilevato nessun aumento del tasso di mortalità. Solo dopo l'anno di siccità del 2003 è morta una percentuale di alberi superiore alla media (quasi l'1%). Anche in Francia e in alcuni Länder tedeschi dopo il 2003 è stato osservato un aumento ancora più consistente del tasso di mortalità.
In molti casi il diradamento delle chiome può essere attribuito a cause note, soprattutto alla mancanza di luce provocata dall’ombreggiamento degli alberi vicini e ai danni da insetti fitofagi. L'influenza dell'inquinamento atmosferico sul diradamento delle chiome non può tuttavia essere dimostrata utilizzando questo metodo di osservazione, in quanto vi sono molte cause che possono agire a vari livelli, sovrapponendosi ai possibili effetti dell’inquinamento atmosferico o delle deposizioni di sostanze dannose.
Ricerca a lungo termine sugli ecosistemi forestali
Il grado di diradamento delle chiome non riesce a spiegare in modo esaustivo né lo stato di salute delle foreste, né tantomeno riesce a far luce sulle sue cause. Pertanto, nel contesto del programma ICP Forests, a partire dalla metà degli anni 1990 sono state predisposte in tutta l’Europa all’incirca 800 aree oggetto di ricerche intensive, cosiddette di II° livello. All’inizio si auspicava soprattutto chiarire in che misura gli agenti inquinanti atmosferici come lo zolfo e l’azoto minacciavano i boschi. Più tardi s’introdusse anche lo studio dei danni provocati dall'ozono. Da un po’ di tempo su queste aree vengono pure studiati gli effetti e gli impatti dei mutamenti climatici.
Nel 1994 il WSL iniziò ad esaminare più approfonditamente gli ecosistemi forestali più importanti della Svizzera, nell’ambito del Programma di ricerca a lungo termine sugli ecosistemi forestali (LWF). A tutt’oggi su 18 aree sperimentali distribuite in tutta la Svizzera, gli scienziati raccolgono dati dettagliati sulle condizioni delle foreste su un arco di tempo di almeno 30 anni, valutando pure i diversi fattori e le interazioni presenti all’interno degli ecosistemi forestali. Per raggiungere questi obiettivi, sulle aree LWF, oltre al grado di diradamento delle chiome e ai tassi di mortalità, sono rilevati altri parametri, tra i quali:
- gli incrementi diametrici annui del fusto degli alberi
- diversi parametri climatici
- le quantità e la composizione chimica delle foglie e degli aghi che cadono dagli alberi (figura 3)
- le deposizioni atmosferiche esaminate in base alla composizione chimica delle precipitazioni
- le proprietà chimiche e fisiche degli strati del terreno e della soluzioni acquose del suolo
- la disponibilità di acqua nel terreno
- il contenuto di sostanze nutritive presenti nelle foglie e degli aghi
- la concentrazione di ozono e la presenza dei relativi sintomi sulle piante
Figura 3 - Un campionatore che raccoglie la lettiera su un’area di osservazione a lungo termine degli ecosistemi forestali gestita dal WSL. Gli scienziati analizzano successivamente in laboratorio la quantità e la composizione dei nutrienti contenuti nelle foglie e negli aghi. Foto: Reinhard Lässig (WSL)
Le emissioni modificano gli ecosistemi forestali
Grazie alla riduzione delle emissioni di SO2 e NOx in Svizzera e in Europa sono pure diminuite le immissioni acide. In Svizzera la soglia critica per le deposizioni acide non viene praticamente più superata. Solo il Sud del Ticino fa eccezione, a causa dei limiti delle soglie critiche relativamente bassi.
I limiti critici per le sostanze azotate, invece, a Nord e a Sud delle Alpi vengono superati in modo significativo mentre in molte parti dell’Altipiano sono raggiunte o appena superate. Solo le vallate delle Alpi, in considerazione della loro distanza rispetto alle fonti di emissione, sono meno gravate dagli apporti di azoto, con valori chiaramente inferiori alle soglie critiche. I livelli di ozono variano di anno in anno a dipendenza delle condizioni climatiche. Essi superano i valori limite in numerose località e in particolare a Sud delle Alpi, ma anche spesso sull’Altipiano.
Nonostante gli elevati apporti di azoto sopra descritti, sulle aree sperimentali LWF finora non si è constatato nessun forte squilibrio nutrizionale. Un recente studio eseguito su aree sparse in tutta l’Europa ha mostrato che gli apporti di azoto nei boschi i cui suoli sono poveri di azoto hanno provocato un aumento della crescita degli alberi, effetto non riscontrato sugli alberi cresciuti sui suoli ben approvvigionati di azoto.
Nelle aree LWF si può osservare che la quantità di azoto lisciviato presente nelle acque sotterranee dipende dalle quantità di immissioni provenienti dall'aria, allorquando il terreno è saturo di azoto. Sulle conifere cresciute su suoli con disponibilità di azoto da scarsa a sufficiente, gli scienziati hanno riscontrato una riduzione della trasparenza delle chiome proporzionale all’aumento del contenuto di azoto negli aghi. Da un lato, il tenore di azoto aumenta negli aghi e nelle foglie quando sempre più azoto viene introdotto nell’ecosistema boschivo, d'altra parte i ricercatori finora non hanno evidenziato nessuna correlazione evidente tra grado di trasparenza delle chiome e gli apporti di azoto.
Conclusione
Fortunatamente in Svizzera non si è registrata nessuna moria delle foreste, né tantomeno un loro tracollo. Non vi sono neppure indizi che l’esistenza stessa del bosco svizzero possa essere minacciata. Ciò è confermato sia dai risultati degli Inventari Sanasilva, così come da quelli eseguiti sulle aree di studio LWF.
All'inizio del dibattito riguardante il deperimento delle foreste mancavano totalmente dei valori di riferimento sulle condizioni delle foreste e anche le conoscenze su come era possibile rilevare dati simili. Questi sono oggigiorno ormai ampiamente conosciuti. Le ipotesi allora formulate sugli effetti degli inquinanti atmosferici sulle foreste si fondavano sullo stato delle conoscenze disponibili a quel tempo. Su questa base le autorità politiche hanno predisposto con successo dei provvedimenti di vasta portata, volti a ridurre le emissioni degli inquinanti atmosferici. I principi sui quali si basavano le ipotesi formulate negli anni 1980 non sono stati confutati. La scelta di agire in conformità al principio precauzionale, mettendo in atto misure di contenimento dell'impatto ambientale tecnicamente fattibili ed economicamente sostenibili, si è dimostrata essere opportuna, anche se a tutt’oggi non tutti gli effetti ed eventuali rischi sono ben identificati.
Traduzione: Fulvio Giudici, Camorino