Con il termine di "legno morto" si considerano sia i singoli rami secchi di un albero invecchiato, che alberi completamente morti, in piedi o a terra, oltre che parte di essi come per esempio le ceppaie. La categoria degli insetti xilobionti non comprende solo specie che si nutrono direttamente di legno o di corteccia, ma pure tutte le specie che durante una qualunque delle loro fasi di vita dipendono dalla presenza di legno morto. Accanto ai tipi di insetto che mangiano il legno, gli xilofagi, vi sono pure quelli che si insediano quali neoinquilini nelle cavità o nelle gallerie del legno (scavate in precedenza da altri xilofagi) allo scopo di riprodursi, senza peraltro nutrirsi di necromassa legnosa.
Appartengono a questa categoria diverse specie di api selvatiche o di vespe del legno. All’interno delle gallerie del legno numerosi tipi di larve di mosche o di zanzare si sono specializzate nel coltivare colonie di funghi o di batteri delle quali si nutrono, oppure ingeriscono materiale organico o escrementi che si trovano in questi ambienti. Pure diversi funghi polipori dalla caratteristica consistenza spugnosa di sviluppano su alberi morti, ospitando a loro volta colonie di coleotteri o di mosche che si sono adattate a questo tipo di substrato. Dalla sopravvivenza di questi abitanti del legno morto dipende pure l’esistenza di molti insetti predatori o parassiti, come ad esempio coleotteri di vario genere oppure imenotteri parassiti (Icneumonoidei). Alcuni gruppi tipici di xilobionti sono presentati qui di seguito.
Coleotteri
I coleotteri non sono solo uno dei gruppi di insetti che vantano la maggiore varietà di specie in generale, ma anche uno di quelli che presentano una grande molteplicità di specie che vivono della necromassa legnosa. Nell’Europa centrale sono conosciute ben 1’340 diverse specie che vivono di legno invecchiato o morto durante una delle loro fasi di sviluppo. Le oltre 110 specie di scolitidi osservati in Svizzera, in genere colonizzano alberi già morti. Con un comportamento tipico di specie pioniere esse iniziano a divorare e a perforare la corteccia, avviando così il processo di decomposizione del legno. Contrariamente al caso dei piccoli scolitidi lunghi pochi millimetri, non è invece difficile scovare grosse larve o esemplari adulti di buprestidi o cerambicidi, lunghi anche diversi centimetri ed in grado di divorano grosse porzioni di legno o di corteccia. Diverse specie si trovano su alberi appena morti oppure su cataste di legname.
Su alberi di conifere si possono ad esempio osservare i cerambici appartenenti al genere Tetropium oppure grossi individui del genere Monochamus. Legname di conifere già essiccato ospita spesso e volentieri il Longicorno o altri cerambicidi appartenente ai generi Callidium o Phymatodes. Fuoriuscendo anche da pezzi di legna da ardere essi possono peraltro sfarfallare anche all’interno di locali abitati. Alcuni piccoli buprestidi assomigliano a minuscole gemme lucenti: si trovano spesso su elementi di palificazioni o recinzioni di legno, sui quali le loro larve cesellano gallerie assai precise e dettagliate, vere e proprie opere d’arte che si possono peraltro frequentemente osservare anche su cataste di legname.
Coleotteri specializzati su legno di latifoglie sono ad esempio alcune specie appartenenti ai generi Chlorophorus, Clytus, Xylotrechus, cerambicidi che presentano una livrea che assomiglia a quella delle vespe o di colore violetto metallizzato come Aromia moschata oppure blu (Scintillatrix rutilans), un buprestide tipico del tiglio. Alcuni piccoli cerambicidi appartenenti ai generi Anastrangalia, Corymbia, Leptura e Stenurella si accomodano spesso su fiori vistosi, nutrendosi di polline che utilizzano durante la loro maturazione sessuale, mentre le larve di Rhagium, dopo uno sviluppo di due anni, si impupano sotto la corteccia di alberi di conifere o latifoglie nella loro tipica "culla" fabbricata con minuscoli trucioli di legno. Anche dopo il distacco di vecchi resti di corteccia questi nidi di legno rappresentano una traccia inequivocabile della colonizzazione di questo cerambice dalle caratteristiche striature.
Altro magnifico coleottero è la rosalia delle Alpi (Rosalia alpina, v. foto 2), un cerambice assai raro di colore azzurro e nero che si insedia su vecchi tronchi di faggio, spesso già colonizzati da funghi di vario genere. Essa è protetta in tutta l’Europa e nei Paesi dove è sopravvissuta viene considerata come minacciata di estinzione. Una delle popolazioni più importanti in Svizzera si trova in Grigioni, nella bassa Prettigovia, anche se alcuni esemplari isolati si possono trovare pure nel bacino attorno al lago del Walensees. In passato ritrovamenti erano stati segnalati addirittura nella parte alta del Cantone di Zurigo (regione del Buchberg).
Figura 2 - La rosalia delle Alpi (Rosalia alpina), una delle più belle specie di cerambici, predilige deporre le uova nel legno di faggio appena morto. Foto: Thomas Reich (WSL)
Al momento non si sa se la Rosalia delle Alpi vive anche in altre Regioni della Svizzera. Vale comunque la pena cercare questo splendido insetto nelle zone dove vi sono faggete soleggiate, rovistando ad esempio cataste di legna da ardere durante i mesi di luglio o agosto. Questi assortimenti di legna da energia rappresentano peraltro anche la principale minaccia di scomparsa della Rosalia alpina: le femmine depongono infatti le loro uova sulla parte superiore delle cataste di legna, substrato sul quale le loro larve dovrebbero restare per almeno tre anni in modo da completare l’intero ciclo di sviluppo. Purtroppo la probabilità è molto alta che prima della fuga dei coleotteri adulti essi finiscano in una stufa o un caminetto… Rosalia ha pure l’onore di essere stata raffigurata sui francobolli di sette diversi paesi europei ed è attualmente il soggetto di un bollo permanente collezionato dai filatelici svizzeri. Anche alcuni coleotteri di altre famiglie sono assai conosciuti dalla popolazione, come ad esempio il raro e in ogni caso protetto Cervo volante (Lucanus cervus, v. foto). Le sue larve si sviluppano e si nutrono di segatura in fase di decomposizione (ndt: un substrato organico che in tedesco prende il nome di Mulm) all’interno di cavità di vecchi tronchi di quercia.
Accanto alle specie tipicamente xilofage vi sono anche specie di coleotteri che sono tipicamente predatrici, come ad esempio quelle del genere Pyrochroa (v. foto), le cui larve procacciano altri tipi di larve che vivono sotto la corteccia di alberi, oppure di Thanasimus un variopinto rappresentante della famiglia delle Cleridae che si nutre dei scolitidi. Un altro gruppo di coleotteri, conosciuto con il nome scientifico di Ciidae si è per contro specializzato nel colonizzare funghi polipori che si insediano e si sviluppano su tronchi morti.
Imenotteri
Anche tra il gruppo degli imenotteri vi sono diversi insetti che si sviluppano nel legno, come per esempio alcune specie di api selvatiche, che depongono le nidiate nel legno morto. Alcune specie di imenotteri tagliatori di foglie del genere Megachile, conosciute col nome di Megachili così come le api carpentiere (Xylocopa), un genere di ape del legno che si trova sulle liste rosse delle specie minacciate nidificano nei tronchi utilizzando gallerie di scolitidi oppure scavandone di nuove loro stesse. I cunicoli vengono suddivisi in singole celle all’interno delle quali si sviluppano le larve delle api, che si nutrono del polline e del nettare depositato.
Modalità simili vengono utilizzate da diversi tipi di vespe del terreno o dell’argilla, che trasportano le loro prede in apposite cavità per darle in pasto alle loro larve. In questi casi le prede non vengono peraltro uccise ma solamente paralizzate: in tal modo le larve delle vespe si nutrono di prede ancora vive, ma rese inoffensive. Le larve delle vespe possono a loro volta essere parassitate da altri tipi di vespe come ad esempio la Chrysis ignita, imenottero dalla livrea verde metallizzata che può anch’esso diventare vittime di altre vespe parassitoidi appartenenti alla famiglia delle Chalicoidea. Infine si segnalano anche i Calabroni ed altri generi di vespe sociali (Vespidi) o solitari (Eumenidi) che possono costruire i loro nidi all’interno di cavità presenti su vecchi alberi.
Nei boschi di montagna, su legname di conifere abbattuto di recente si trovano specialmente le tipiche vespe del legno. Nell’Altipiano la vespa del legno gigante (Urocerus gigas), lunga fino a 4 centimetri e quindi uno dei più grossi imenotteri europei, è purtroppo diventata rara anche se in realtà, malgrado l’aspetto tipico delle temute vespe e la presenza di un vistoso organo ovopositore simile a un pungiglione, non è in grado di pungere le persone. La femmina depone le uova quasi "iniettandole" nel legno, vaccinandole poi per mezzo di spore fungine. Questa ultime germinano nei tessuti legnosi decomponendo la lignina e la cellulosa, substrato utilizzato poi dalle larve della vespa del legno come "pascolo fungino".
Figura 3 - La vespa del legno gigante (Urocerus gigas), lunga fino a 4 cm, è uno dei più grossi icneumonidi presenti in Europa. Foto: Beat Wermelinger (WSL)
Alla fine della fase di sviluppo, che dura tre anni, l’individuo adulto completamente formato scava nel legno una via d’uscita per fuoriuscire e iniziare un nuovo ciclo riproduttivo. Le vespe del legno hanno un nemico naturale che si è specializzato nella loro predazione: Rhyssa persuasoria. Si tratta di un imenottero icneumonide altrettanto impressionante per taglia e colorazione, che è in grado di localizzare all’interno del legno le larve della vespa del legno gigante, all’interno delle quali, grazie al lungo organo ovidepositore che penetra profondamente nel legno, è in grado di deporre le proprie uova che si sviluppano dall’interno nutrendosi della larva ospite.
Assai conosciuti sono pure i grossi nidi a forma di cumulo costruiti da colonie del genere Formica insetto utile peraltro tutelato da disposizioni legislative. Per fondare queste colonie una formica-regina si cerca un popolo esistente di formiche operaie (Serviformica), uccidendo la loro regina e prendendo il suo posto. Le formiche operaie rimaste per così dire "orfane" in seguito si prenderanno cura della discendenza della nuova regina. Le grosse formiche del legno appartenenti al genere Camponotus e in particolare la "Formica Ercole" nidificano spesso nel legno morto di conifere o di latifoglie, insediandosi all’interno di alberi che sono in grado di divorare e svuotare dall’interno creando delle grosse caverne. Anche le formiche della specie Lasius fuliginosus costruiscono il proprio nido all’interno di alberi cavi.
Figura 4 - Una rissa persuasoria (Rhyssa persuasoria) mentre depone le uova all’interno di legno fresco di abete bianco. Foto: Thomas Reich (WSL)
Altri insetti
Accanto ai coleotteri e agli imenotteri vi sono altri gruppi di insetti che si sviluppano sul legno appena morto oppure già in fase di decomposizione. Alcune larve di tipule o di sirfidi, i cui individui adulti presentano una livrea simile a quella delle vespe ed hanno un caratteristico volo stazionario simile a quello degli elicotteri, si nutrono di resti di legno in decomposizione e di escrementi di altri insetti. Durante la loro fase adulta le mosche e le zanzare possono trascorrere all’interno del legno morto anche la metà della loro vita. All’interno di questi gruppi ancor oggi in Svizzera vengono spesso scoperte nuove specie fino ad allora con conosciute dalla scienza.
Estremamente importanti per il mantenimento della fertilità del suolo sono poi il gruppo dei Collemboli, minuscoli insetti in grado di fare notevoli salti. Presenti nei suoli forestali con popolazioni che possono raggiungere le decine di migliaia di esemplari per metro quadrato, essi decompongono il legno morto trasformandolo in humus. In montagna l’humus presente nel terreno può anche essere costituito quasi unicamente da escrementi prodotti da collemboli.
Anche altri animali approfittano del legno morto
Oltre a quelle descritte vi sono anche altri animali vertebrati che sfruttano il sostrato offerto dalla necromassa legnosa. I picchi divorano ad esempio grosse quantità di insetti che vivono nel legno e utilizzando i loro possenti becchi per scavare dei fori su alberi vecchi o già morti, cavità all’interno delle quali essi nidificano. Nidi di picchio abbandonati possono in seguito essere occupati anche da altre specie di uccelli che necessitano di cavità come la come le Cincie (Parus sp.), il Picchio muratore (Sittaeuropea), lo Storno (Sturnus vulgaris), i Gracchi (Pyrrhocorax sp.), il Luì piccolo (Phylloscopus collybita), la Taccola (Corvus monedula), i pigliamosche e le balie (fam. Muscipacinae), la Colombella (Columba oenas) e la civetta caporosso (Aegolius funereus).
Anche alcune specie di mammiferi si accasano in fori abbandonati dal picchio oppure in cavità di alberi svuotate da marciumi. La maggior parte dei pipistrelli, come ad esempio la nottola (Nyctalus noctula) utilizzano questi interstizi come spazio di soggiorno protetto oppure come rifugio per trascorrervi l’inverno. Inoltre anche il ghiro, la martora ed in parte lo scoiattolo usufruiscono di queste cavità come rifugio per mettere a riparo i propri piccoli oppure per ripararsi dai rigori della stagione fredda. Ceppaie, tronchi sradicati o atterrati o anche legno marcescente sono poi abitati anche da tritoni, salamandre, rospi, lucertole, orbettini, natrici o da altre specie di rettili che cercano spazi protetti, soleggiati oppure luoghi idonei per trascorrevi i periodi di letargo.
Le minacce per gli insetti xilobionti
Attualmente la componente di legno vecchio o morto in Svizzera è alquanto scarsa, specialmente se riferita ad un lungo arco temporale di tipo storico-evoluzionistico, in particolare in relazione alle importanti vicende degli ultimi periodi interglaciali. Nelle foreste allo stato vergine presenti nel passato, anche in Svizzera dal 20 al 50 percento degli alberi si trovavano permanentemente nella fase di senescenza o di morte. Negli habitat più secchi ed alle fasce altitudinali più elevate dell’arco alpino era presente una proporzione di legname ancora maggiore in quanto i processi di decomposizione del legno sono rallentati dalle condizioni climatiche più rigide. In alternativa alla componente di legname morto, in passato presente un po’ ovunque ed in abbondanza, oggi non vi sono ambienti naturali sostitutivi.
Dal profilo dell’ecologia del paesaggio le foreste primarie intatte durante millenni erano costituite da una distesa immensa di alberi intervallata da radure isolate prive di alberi. Esse erano determinate dalla presenza di greti di fiumi, crinali aridi e stazioni umide o acquitrinose. Considerato che il bosco aveva una copertura pressoché continua, i diversi esseri viventi che si sono progressivamente adattati a vivere sul legno invecchiato o morto non dovevano quindi spostarsi o volare lontano per trovare condizioni di sopravvivenza e di riproduzione ideali. Per questo motivo, contrariamente a quanto avviene per le specie legati agli ambienti aperti, ancor oggi la maggior parte delle specie animali tipiche dei boschi sono generalmente dei pessimi volatori. Gli insetti caratteristici degli ambienti naturali aperti hanno invece delle buone attitudini alla propagazione nel paesaggio. Ai tempi delle foreste vergini per sopravvivere essi dovevano infatti emigrare di radura in radura per trovare continuamente nuovi luoghi di nidificazione in sostituzione degli habitat precedenti, che tendevano ad imboscarsi naturalmente.
Attualmente la situazione presente in Svizzera è esattamente quella opposta: le specie mobili degli ambienti aperti vivono in una estensione continua di aree agricole aperte, mentre le specie forestali capaci di vivere su legno vecchio oppure morto sono costrette a sopravvivere in isole piuttosto appartate. Siccome queste specie hanno capacità di spostamento ridotte, in un paesaggio come il nostro caratterizzato da distese di territori agricoli e da boschi a vocazione economica, esse tendono a scomparire.
In special modo negli ultimi due secoli quasi ovunque i boschi sono stati completamente ripuliti in quanto le popolazioni locali abbattevano anche gli alberi vecchi e raccoglievano sistematicamente la legna secca per rifornire le economie domestiche di legna da ardere. Inoltre le cataste di legna da energia all’aperto, che invitano numerosi insetti e deporre le uova al loro interno, possono rappresentare una vera e propria "trappola" in quanto le larve non riescono a svilupparsi completamente, finendo prima arrostite in un caminetto.
In Svizzera grazie all’allestimento delle cosiddette "liste rosse" delle specie minacciate, si sta iniziando a tutelare le specie xilobionte, animali la cui sopravvivenza dipende dall’esistenza di legno vecchio o morto. All’incirca il 20 percento di tutte le specie di coleotteri dell’Europa centrale sono condizionate direttamente o indirettamente dalla presenza del legno. Di questo gruppo, in Germania, ben il 60 percento delle specie sono classificate come minacciate, una percentuale decisamente maggiore a quelle degli altri gruppi di insetti. In Baviera sette specie di coleotteri estinti su otto erano abitanti del legno, mentre in Austria i due terzi delle specie di coleotteri estinte erano caratteristiche dei boschi e dipendenti da substrato di legno vecchio o già morto. In grandi linee queste proporzioni dovrebbero essere valide pure per la Svizzera ed in particolare per la regione limitrofa della valle del Reno in territorio sangallese.
Molte delle specie di coleotteri xilobionti più appariscenti sono minacciate o addirittura in via di estinzione, così come i casi menzionati della Rosalia alpina, del Capricorno (Cerambyx cerdo) un cerambice legato alla quercia, lo Scarabeo rinoceronte (Oryctes nasicornis) oltre che il Cervo volante (Lucanus cervus). Di conseguenza la maggior parte di queste specie è protetta da disposizioni legali svizzere (Ordinanza sulla protezione della natura e del paesaggio) o addirittura europee (Convenzione di Berna per la conservazione della vita selvatica e dei suoi biotopi).
Figura 5 - Due dei più grossi e più belli coleotteri dell’Europa centrale: il cervo volante (Lucanus cervus) ed lo scarabeo rinoceronte (Oryctes nasicornis), purtroppo divenuti assai rari in Svizzera. Le loro larve si sviluppano nel legno in decomposizione. Foto: Thomas Reich, Beat Wermelinger (WSL)
Favorire il legno morto
Mentre le foreste vergini originarie contenevano da 50 a 200 metri cubi di legno morto per ettaro, attualmente secondo i dati dell’ultimo Inventario Forestale Nazionale Svizzero del 1999 i boschi svizzeri ne presentavano mediamente 12,5 metri cubi a livello nazionale e comunque 20 metri cubi nelle Alpi. Spesso in tutto il paese è diffusa l’opinione che per motivi estetici i fitosanitari il bosco debba essere mantenuto "pulito", evacuando la legna morta. Lentamente si assiste comunque a una presa di coscienza da parte dell’opinione pubblica sulle funzioni del bosco e sull’importanza di mantenere una componente di legna morta. Proprio dopo le tempeste catastrofiche Vivian del 1990 e Lothar del 1999 quantità elevate di legna sono rimaste in bosco poiché la raccolta di tutto il legname non era più redditizia ed il personale ed i servizi forestali con erano più in grado di raccogliere tutto il legname.
Ricerche dell’Istituto federale di ricerca per la foresta, la Neve e il Paesaggio WSL su aree di studio allestite dopo la tempesta Vivian del 1990 hanno mostrato che il numero complessivo di specie di insetti – non solo abitanti del legno morto – su superfici dove il legno era stato asportato erano simili a quelle registrate su superfici di confronto dove tutto il legname era stato lasciato in bosco. Tuttavia si sono constatate differenze a livello di composizione delle specie: le aree di studio devastate ma non ripulite de dunque con maggiore disponibilità di legna morta presentavano molte più specie di buprestidi e cerambicidi rispetto a quelle dove il legname atterrato dal vento è stato sgomberato. Inoltre, in genere, i comprensori boschivi devastati dalla tempesta presentavano un numero di specie maggiore rispetto a quelli intatti, non danneggiati dalle tempeste. Da un punto di vista della molteplicità delle specie di insetti, dopo eventi tempestosi simili vale dunque la pena di agire contemporaneamente sui due fronti: sia raccogliendo completamente la legna in determinate aree (laddove la redditività economica è maggiore), che delimitando parcelle boschive all’interno delle quali la legna viene abbandonata a terra.
Un substrato importante per gli xilobionti è rappresentato anche da monconi di alberi lasciati interi sulle ceppaie tagliate, componenti del bosco ancora radicate che possono peraltro svolgere un ruolo importante nelle foreste di protezione di montagna quali ostacoli meccanici che contribuiscono a prevenire la caduta di sassi oppure lo scivolamento di masse nevose. Nel caso di abbattimento di abete rossi ancora vivi in situazioni simili è comunque necessario prestare attenzione al rischio di favorire le pullulazioni di scolitidi. E’ tuttavia opportuno sottolineare che il bostrico tipografo non è comunque più in grado di svilupparsi su legname morto da oltre un anno. In generale si può affermare che in bosco i coleotteri che colonizzano alberi morti già da molto tempo non costituiscono alcuna minaccia per gli alberi ancora vivi.
Le esigenze di assicurare continuità alla produzione di legname e quella di favorire il legno morto non sono comunque in contrapposizione l’una con l’altra. E’ senza dubbio possibile sia utilizzare i tronchi di buona qualità e facilmente accessibili, sia lasciare in piedi o a terra alberi danneggiati o di qualità scadente, vecchi, sradicati oppure già morti. Per incrementare la diversità delle specie di xilobionti si dovrebbe favorire la presenza di strutture boschive, classi di età, dimensioni e specie arboree (anche a legno tenero!), il più possibile differenziate, anche temendo conto del grado di decomposizione e delle condizioni di insolazione. Un buon irraggiamento solare è ad esempio importante per diverse specie di buprestidi e cerambicidi. Accanto al legno morto, lo sviluppo di diverse larve richiede pure l’esistenza di altre fonti di nutrimento come il polline dei fiori, vegetali la cui presenza è maggiore in foresta con struttura rada o aperte oppure nei pressi di margini boschivi. Queste strutture e substrati forestali dovrebbero essere disponibili in permanenza ed essere ben distribuiti all’interno di tutti i soprassuoli boschivi. Un bel bosco non deve necessariamente essere assolutamente ripulito ed inoltre una foresta sana può senz’altro avere anche alcuni alberi deperenti oppure morti.
Traduzione: Fulvio Giudici (Camorino)