Negli anni 1997 a 2007 in Svizzera si è registrato un numero di eventi naturali catastrofici al di sopra della media, fenomeni che hanno provocato un gran numero di vittime e danni alle proprietà dell’ordine di miliardi di Franchi. Acquazzoni di violenza inaudita in pochi minuti riescono a trasformare piccoli ruscelli in torrenti devastanti e a far franare interi versanti. Fango, pietre, rocce, alberi interi vengono strappati dai pendii e trasportanti a valle allagando villaggi, strade e aree agricole coltivate. Dopo disastri simili, il pericolo non è comunque scongiurato. Le ferite del suolo che si sono create rappresentano un potenziale pericolo e potrebbero causare una nuova catastrofe.
In passato per stabilizzare questi versanti sfregiati gli ingegneri realizzavano opere edili costruite con materiali come il calcestruzzo e l’acciaio. Per mettere in sicurezza pendii simili si riteneva necessario edificare queste opere di premunizione su tutta la superficie interessata. Gli interventi edili eseguiti in un contesto naturale producono un impatto considerevole sul paesaggio e comportano dei costi proporzionalmente elevati.
Le tecniche dell’ingegneria naturalistica si occupano della protezione di aree estese tramite metodi naturali, basati soprattutto sull’impiego di piante in grado di consolidare il terreno e di stabilizzare i pendii (figura 1).
Piante e funghi quali elementi stabilizzatori del suolo
Le piante dispongono della facoltà unica di combinare le diverse funzioni che permettono di stabilizzare i suoli e di mettere in sicurezza i versanti instabili. Da un lato l’intera parte fuori terra permette di coprire il suolo: in tal modo i rami ed il fogliame riducono l'energia d'impatto della pioggia, evitando quindi la formazione di erosione superficiale. D’altra parte le radici sono in grado di trattenere il terreno e di assorbire e drenare l’acqua in esso contenuta. In tal modo le piante riducono il rischio di ristagno idrico ed il distacco di franamenti. Il tutto ha un punto delicato e tutt’altro che acquisito: per svolgere queste funzioni le piante devono essere in grado di crescere anche in condizioni avverse, caratterizzate da suoli sfavorevoli e da pendii ripidi che rendono il terreno instabile e franoso (figura 1a).
Bene, la soluzione ci viene "servita su un piatto". Porcini, gallinacci & Co: chi non conosce queste prelibatezze? Il fatto che quasi tutte le piante crescano in stretta consociazione con i funghi è probabile un fenomeno poco conosciuto tra l’opinione pubblica. I Porcini, i Gallinacci e le Amaniti sono solo tre di rappresentanti di spicco della comunità di organismi che grazie alle micorrize creano una stretta simbiosi con le radici delle piante. Mentre la pianta attraverso la fotosintesi approvvigiona il fungo con gli zuccheri, il fungo - come un giardiniere – aiuta la pianta fornendo in primo luogo acqua e agevolando l’assorbimento di elementi nutritivi (figura 2). Il suo micelio colonizza le radici fini della pianta ospite e con gli innumerevoli filamenti sottili di cui dispone (le "ife") penetra nel corpo del terreno. Il diametro di queste ife (2-5 micron) è di gran lunga più sottile rispetto a quello delle radici.
Figura 2 - La simbiosi (detta micorriza) tra le radici delle piante e i funghi, grazie alla loro "funzione di muratore” è in grado di cementare le particelle del terreno sciolto aggregandole in una struttura del suolo più stabile, mentre grazie "all’aiuto del giardiniere" il fungo è in grado di migliorare ed accelerare la crescita del proprio "partner pianta". disegni: V. Graf
I funghi in tal modo accedono a maggiori riserve di acqua di sostanze nutritive, mentre la superficie di assorbimento delle radici della pianta, grazie a questo stratagemma, viene aumentata fino a cinquanta volte! La conseguenza è che in tal modo le piante e specialmente le loro radici possono crescere meglio e più rapidamente (figura 3).
Figura 3 - Intensità della radicazione delle piante di ontano bianco (Alnus incana) non trattate e micorrizate. Dopo un periodo di sei mesi, lo sviluppo in lunghezza delle radici delle piante micorrizate è di circa tre volte maggiore.
Solo recentemente si è scoperto che il partner fungino gioca un ruolo importante non solo indirettamente, attraverso un miglioramento della crescita delle piante, ma anche direttamente come "costruttore" di aggregati del suolo maggiormente stabili, che favoriscono lo sviluppo e la stabilità del terreno. Grazie al loro denso ed esteso reticolo di ife, i funghi riescono ad intrappolare le particelle di suolo più piccole formando dei micro- e macroaggregati. Come degli ipotetici "muratori" (figura 2), essi sono in grado di "cementare" il terreno usando le ife come adesivo. Oltre alla resistenza meccanica, questi aggregati servono anche a immagazzinare l'acqua e le sostanze nutritive. Il suolo è infatti in grado di trattenere l’acqua e i nutrienti presenti solo se esso è composto da aggregati stabili e sufficientemente porosi (figura 4).
I funghi micorrizici influiscono anche sulla diversità e lo sviluppo delle comunità vegetali, fattore che contribuisce anch’esso a proteggere la vegetazione. Un "basamento micorrizico" intatto e stabile è dunque una condizione essenziale per il successo a lungo termine degli interventi di stabilizzazione contro l’erosione dei versanti instabili (figura 1b). Considerato che la riserva naturale di funghi micorrizici viene notevolmente ridotta dagli eventi meteorologici estremi, in suoli simili è indispensabile introdurre dei funghi simbionti idonei. Come nel caso delle piante, è importante assicurarsi che nella scelta dei funghi da introdurre siano selezionate specie idonee alla stazione. Per i tecnici si pone un ulteriore problema: essi devono calcolare attentamente anche gli effetti delle piante. Solo in questo modo le tecniche di stabilizzazione naturale potranno essere regolarmente applicate nella pratica.
Per questo motivo stiamo attualmente sviluppando un nuovo modello per il calcolo della stabilità dei versanti. La funzione di "giardiniere – muratore" costituisce il fondamento di questo modello. In tal modo si potrà calcolare l’effetto della componente "radici e funghi", come se fosse una costruzione composta da legno, cemento e acciaio dimensionati.
Figura 4 - Stabilità di aggregazione del suolo in funzione della massa volumica secca (densità del suolo) di campioni di terreno non trattati, piantati e micorrizati. Dopo una fase di crescita di sei mesi per una densità media del suolo di 15,5 kN/m3 [=1.5 kg/dm3; n.d.T.], la proporzione della componente del terreno stabilmente aggregato (diametro maggiore a 20 mm) nei suoli micorrizati assume un valore tre volte superiore rispetto a quello dei suoli piantati ma non micorrizati.
Traduzione: Fulvio Giudici, Camorino