Un capriolo morto non è esattamente ciò che Antonio Righetti si aspettava di trovare durante l’ispezione al passaggio faunistico di Grauholz, sopra l’autostrada A1 a nord di Berna. Normalmente gli animali cercano un luogo appartato per morire: "Il che mostra che l’animale considerava il passaggio come un posto sicuro", spiega lo zoologo indipendente che ha già svolto controlli di questo genere su diversi altri passaggi faunistici.
In genere, però, gli animali selvatici utilizzano questi ponti come attraversamenti: impronte, telecamere ad infrarossi e foto mostrano che caprioli, volpi, cinghiali, lepri, martore, tassi e cervi adottano volentieri questi passaggi già poco tempo la loro ultimazione.
Fuori dall’isolamento
Prima della costruzione del passaggio faunistico di Grauholz, così come del resto in molti altri punti, gli animali si incolonnavano da una parte e dall’altra delle reti che sbarravano completamente l’accesso al campo stradale nella vana ricerca di un varco per poter attraversare. Nel 1999 un inventario dei corridoi faunistici della Svizzera ha rivelato che dei 303 percorsi migratori della selvaggina aventi importanza sovraregionale solo un terzo era ancora intatto. Quasi un quinto era addirittura inutilizzabile, specie nelle zone fortemente urbanizzate dell’Altipiano dove non è raro che vi siano dai sei ai sette chilometri di strade per chilometro quadrato. Nel nostro Paese gli animali selvatici vivono dunque sparpagliati in tante piccole isole di terra.
Fig. 2. Passaggi faunistici esistenti o pianificati.© BAFU / PIU GmbH, Oktober 2011
La frammentazione e l’isolamento possono però avere effetti fatali sulle popolazioni, spiega Josef Senn, specialista di fauna selvatica all’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio (WSL): all’interno di piccoli territori isolati la mancanza di partner sessuali, di cibo o di zone riparate, così come le malattie o una serie di inverni rigidi, può portare all’estinzione locale di una specie. E la presenza di barriere invalicabile rende praticamente impossibile anche un’eventuale ricolonizzazione.
Opere a misura di selvaggina
Le informazioni fornite dall'inventario circa lo stato in cui versavano i corridoi faunistici non sono rimaste lettera morta: nel 2003 l'Ufficio federale delle strade (USTRA) e l'UFAM hanno infatti deciso di ripristinare, attraverso la costruzione di appositi passaggi, 40 corridoi faunistici di importanza supraregionale interrotti dalle strade nazionale, metà dei quali entro il 2013. "Malgrado un certo ritardo, i lavori avanzano", si rallegra Véronique Savoy Bugnon, responsabile della biodiversità e del paesaggio nel settore delle strade all'interno dell'UFAM. I lavori di risanamento sono terminati in quattro corridoi, sono in corso o stanno per cominciare in altri cinque, un nuovo progetto è stato appena approvato e nove sono in via di pianificazione.
Neanche le strade principali e cantonali e le linee ferroviarie saranno tagliate fuori. In totale sono state già realizzate 38 opere: si tratta nella maggior parte di ponti vegetalizzati il cui costo medio è di 5 milioni di franchi. Ma a volte basta solo valorizzare un sottopassaggio esistente con costi inferiori al milione di franchi: "Queste cifre possono sembrare elevate, ma sono irrisorie se comparate al costo totale della costruzione e della manutenzione delle strade", precisa Véronique Savoy Bugnon, la quale si rallegra inoltre che numerosi Cantoni abbiano integrato i corridoi faunistici d'importanza sovraregionale nei loro piani direttori. "Ciò significa che in futuro dovranno obbligatoriamente tener conto di queste infrastrutture nella delimitazione di nuove zone industriali, commerciali e abitative o nella pianificazione di nuove vie di comunicazione", aggiunge la collaboratrice dell'UFAM.
Detto questo, ci si aspetterebbe che dal 1999 ad oggi lo stato dei corridoi faunistici sia migliorato. E invece no: secondo uno studio condotto di recente su mandato dell'UFAM la situazione è addirittura peggiorata, specie lungo le strade principali. "La causa primaria sta nella crescita inarrestabile della circolazione e degli insediamenti", spiega Véronique Savoy Bugnon. I progressi sono dunque controbilanciati dalle evoluzioni negativi.
Un viatico per gli anfibi
A restare particolarmente preoccupante è soprattutto la situazione degli anfibi. Quasi tutte le specie di questa famiglia di animali hanno bisogno di muoversi senza pericoli tra diversi tipi di ambienti in funzione della stagione. Secondo Silvia Zumbach del Centro di coordinamento per la protezione degli anfibi e dei rettili in Svizzera (karch), sarebbero circa cinque milioni l'anno gli anfibi adulti che devono attraversare una strada per poter raggiungere i propri siti di riproduzione. Con conseguenze devastanti: "Il numero di animali che rimangono schiacciati è considerevole soprattutto in primavera, il periodo in cui le migrazioni sono più massicce".
Nei punti particolarmente critici gli animali vengono intrappolati in reti o secchi interrati lungo la strada e trasportati manualmente dall'altra parte della carreggiata. Secondo Silvia Zumbach, sarebbero circa 2000 i dispositivi di questo tipo installati ogni anno in Svizzera, spesso da volontari e a titolo gratuito. La biologa del karch ritiene che lo Stato dovrebbe essere molto più attivo in questo campo: primo, gli anfibi andrebbero rigidamente protetti dalla legge. E, secondo, le strade andrebbero equipaggiate di passaggi sotterranei o piccoli ponti con maggiore sistematicità. Le reti presentano in effetti un inconveniente: non proteggono abbastanza gli esemplari appena metamorfosati. "Il massacro è invisibile perché gli animali restano incollati alle gomme dei veicoli", spiega Silvia Zumbach. Nei casi peggiori scompaiono intere popolazioni. Com'è successo a Riva San Vitale, sul lago di Lugano, dove le operazioni di salvataggio sono state interrotte per mancanza di animali da salvare: "I passaggi sotterranei hanno il vantaggio di proteggere tutte le migrazioni, anche quelle dei subadulti", precisa la biologa.
Esistono due tipi di passaggi sotterranei. In quelli a senso unico gli animali cadono in un pozzetto che gli obbliga a seguire un tunnel sotto la strada. Provvisto di due condotti separati, uno per l’andata l’altro per il ritorno, e quindi costoso, questo dispositivo può tuttavia risultare pericoloso per certe specie o classi d’età, provocando inoltre la dispersione non voluta di altri piccoli animali. Oggi si utilizzano perciò soprattutto quelli a doppio senso, con un diametro di circa 60 centimetri, che permettono di attraversare senza pericoli la strada anche a topi, ricci e persino volpi.
Le norme relative alla protezione degli anfibi nel quadro della costruzione di strade e ferrovie sono già state attualizzate di conseguenza, ma solo meno del 5 percento dei sottopassi necessari o richiesti dalla legge è stato finora realizzato: un bilancio preoccupante per un gruppo di animali fortemente minacciato come questo. Benché molti Cantoni abbiano stilato un inventario delle migrazioni, la sistemazione di un passaggio durante la costruzione o il risanamento di una strada dipende in larga misura dai collaboratori dei servizi di protezione della natura o dagli esperti degli uffici di ecoconsulenza che seguono i progetti.
Infrastrutture ecologiche
La posa di questi elementi connettivi artificiali non basta tuttavia a garantire a lungo termine la conservazione delle popolazioni di anfibi ancora presenti in Svizzera. I passaggi faunistici sono solo un tassello del grande puzzle della protezione delle specie: un mosaico di ambienti formato anche da aree protette e superfici d'interconnessione prossime allo stato naturale. Insieme agli elementi artificiali, questi ambienti costituiscono ciò che viene denominata infrastruttura ecologica o infrastruttura verde, come è detta ad esempio nell'Unione europea. Scopo di questo insieme è permettere alle specie di muoversi tra zone protette in modo da assicurare la propria sopravvivenza a lungo termine e migliorare la qualità ecologica globale del paesaggio.
La costante perdita di biodiversità registrata in Svizzera mostra che siamo tuttavia ancora lungi dal possedere una rete funzionante di biotopi interconnessi. La base di partenza è buona: a livello federale, cantonale e comunali esistono numerose aree protette, ma si tratta di superfici perlopiù piccole e isolate, in cui la qualità ecologica lascia spesso a desiderare.
Una rete di portata svizzera
Le zone idonee a far parte di una rete ecologica nazionale sono state individuate dall'UFAM nel quadro del progetto REN pubblicato nel 2004. Le carte di sintesi elaborate all'epoca contengono tutti gli elementi utili alla realizzazione di una rete d'interconnessione di portata svizzera e costituiscono quindi una buona base da cui partire con la pianificazione. L'interconnessione è fra l'altro già favorita dalle superfici di compensazione ecologica previste in agricoltura e dai corridoi faunistici.
"Ciò che manca ora è un'organizzazione mantello: un sistema cioè che riunisca tutti gli elementi e che definisca obiettivi e misure chiare che permettano alla rete di essere presa in considerazione nel quadro della pianificazione territoriale alla stessa stregua di altre forme di utilizzazione", sottolinea Christine Fehr delal sezione Specie, habitat, reti ecologiche dell'UFAM. "È solo con un concetto globale chiaro che la protezione della biodiversità può vincere la sua battaglia contro la limitatezza degli spazi."
"Ciò che manca ora è un'organizzazione mantello: un sistema cioè che riunisca tutti gli elementi e che definisca obiettivi e misure chiare che permettano alla rete di essere presa in considerazione nel quadro della pianificazione territoriale alla stessa stregua di altre forme di utilizzazione", sottolinea Christine Fehr delal sezione Specie, habitat, reti ecologiche dell'UFAM. "È solo con un concetto globale chiaro che la protezione della biodiversità può vincere la sua battaglia contro la limitatezza degli spazi."
Auspicata nel 1992 dalla Convenzione sulla diversità biologica e adottata dal Consiglio federale nell'aprile 2012, la Strategia Biodiversità Svizzera (SBS) dovrebbe ora fornire questo quadro. Uno degli obiettivi della SBS è in effetti la creazione di un'infrastruttura ecologica composta da una fitta rete di aree protette, punti di snodo ed elementi d'interconnessione lineari o estesi. Si punta così ad andare verso un'utilizzazione del territorio che tenga conto delle funzioni connettive, favorendo lo spostamento della fauna e della flora nel paesaggio. A ciò vanno ad aggiungersi le misure tecniche: nuovi passaggi per la macrofauna, gli anfibi o i piccoli animali e bretelle d'acqua per pesci attorno alle centrali idroelettriche.
A detta di Christine Fehr gli investimenti porteranno presto frutto: I servizi resi da ecosistemi che funzionano bene ripagano esponenzialmente la spesa compiuta per proteggerli: provvedono al nostro benessere, ci proteggono dai pericoli naturali e resistono agli effetti dei cambiamenti climatici.