In che misura le specie arboree non autoctone dovrebbero essere utilizzate per mantenere i servizi ecosistemici offerti dalle nostre foreste, in particolare la produzione di legname? Mai come oggi questa domanda è stata così attuale alla luce della siccità estiva del 2018, durante la quale si sono osservate contemporaneamente morie nei popolamenti di pini, abeti rossi e faggi, dimostrando che i periodi estivi di clima contemporaneamente caldo e secco sono probabilmente una delle conseguenze più gravi dei cambiamenti climatici. La siccità estiva ha già causato un'elevata mortalità degli alberi in alcune aree, sia direttamente attraverso la disidratazione, che indirettamente attraverso l'indebolimento e la successiva infestazione da parte di coleotteri o funghi.

Accrescimenti elevati, buone proprietà tecnologiche del legno, tolleranza alla siccità

Nel suo habitat originario del continente nordamericano la maestosa Douglasia è esposta a mesi di siccità estiva. Il suo adattamento a queste condizioni spiega perché il fenomeno recentemente osservato nell’Europa centrale delle settimane di caldo-secco durante il periodo da giugno a settembre ha avuto un effetto contenuto su questa specie rispetto ad altre specie arboree. La Douglasia raggiunge notevoli tassi di accrescimento sia sulle stazioni produttive, che in quelle meno fertili, garantendo delle proprietà tecnologiche del suo legname davvero eccezionali (Fig. 1).

Questa è una delle ragioni per le quali la Douglasia viene favorita in Francia. Anche in Germania si fa riferimento all'elevato valore aggiunto attualmente generato dalla coltivazione della Douglasia. Nelle condizioni climatiche attuali, la Douglasia può essere utilizzata in svariate stazioni forestali, ma la sua area di coltivazione climaticamente idonea situata alle basse altitudini dell'Europa centrale si ridurrà con il continuo aumento delle temperature. In generale, salendo a quote superiori ai 1’000 m slm, per impieghi in condizioni ecologiche ottimali, viene proposta la Douglasia delle coste (P. menziesii var. menziesii), in particolare con le provenienze selezionate originarie delle zone costiere affacciate verso il Pacifico settentrionale. L’impianto delle Douglasie dell'entroterra (P. menziesii var. glauca), che sono più suscettibili a malattie e apoplessie, dovrebbe essere generalmente evitato.

La Douglasia in Europa

Il genere Pseudotsuga è originario del Nord America (Pseudotsuga menziesii e P. macrocarpa) e si è diffuso attraverso lo stretto di Bering in Asia (P. japonica, P. sinensis) circa 30 milioni di anni fa. Reperti di coni fossili ritrovati in Germania dimostrano la presenza di una specie estinta da tempo (P. jechorekiae sp. nova) vissuta in Europa 15-11 milioni di anni fa. Reperti più recenti non ne sono finora stati trovati.

La Douglasia è stata introdotta in Europa dal Nord America nel 1827 ed è stata impiantata in molte foreste di vari Paesi fino all'inizio del XX° secolo. La coltivazione della Douglasia dell’entroterra (P. menziesii var. glauca) ha subito una battuta d'arresto a causa delle infestazioni da parte del fungo Rhabdocline pseudotsugae. Pur essendo limitata alla forma costiera (P. menziesii var. menziesii), a partire dalle due guerre mondiali il rimboschimento con questa specie arborea si è sempre più ampiamente affermato.

Specie invasiva oppure no?

Le opportunità connesse alla coltivazione della Douglasia sono controbilanciate dai rischi associati all'introduzione di questa specie arborea alloctona. La prima domanda da porsi è se la Douglasia possa diffondersi da sola nelle comunità forestali dell'Europa centrale e se in questo modo possa sostituire specie vegetali rilevanti dal profilo della conservazione della natura.

Laddove la Douglasia cresce in popolamenti o gruppi da decenni, è spesso presente anche la rinnovazione, ma in genere non c'è traccia di espansione incontrollata. In Svizzera, tuttavia, localmente sono state osservate spessine vistose su terreni asciutti nel Vallese e in Ticino. A differenza della Germania meridionale, dove localmente la Douglasia può influenzare la diversità delle specie vegetali su scala ridotta in alcune stazioni aride e acide, in Svizzera non sono note situazioni analoghe.

Se le stazioni forestali sono povere di sostanze nutritive e secche, la Douglasia può tenere il passo delle specie arboree autoctone o addirittura superarle (Fig. 2). I risultati delle indagini sul campo e degli esperimenti in Svizzera confermano le osservazioni fatte in Germania, motivo per cui si invita alla cautela nell'impiego troppo disinvolto della Douglasia nella selvicoltura. In Germania, la Douglasia è quindi etichettata come "specie invasiva" e in Austria come "potenzialmente invasiva". Ciò solleva la questione della definizione dell’aggettivo "invasivo". Esiste in tale ambito un ampio spazio di interpretazione, che si riflette nelle diverse definizioni.

Definizioni del concetto di "invasivo"

Le specie esotiche sono considerate «invasive» quando formano popolamenti autosufficienti, si diffondono partendo dal luogo di introduzione e alterano negativamente il loro ambiente. Sebbene questa definizione sia ampiamente accettata, se inserita in contesti decisionali essa necessita di specificazioni (Fig. 3).

Mentre Kowarik (2003) descrive come invasive quelle specie che sopravvivono dopo essere state introdotte in una nuova stazione e che si trovano quindi all’inizio di un processo di invasione, Richardson et al. (2000) considerano invasive solo quelle specie che entro 50 anni riescono ad insediarsi a una distanza superiore a 100 metri dalla pianta originaria.

In Svizzera, una specie è considerata «alloctona invasiva»" se è noto o si deve presumere che sia potenzialmente invasiva e che la sua diffusione possa compromettere la biodiversità, i servizi ecosistemici e la gestione sostenibile dei boschi, oppure mettere in pericolo l'uomo e l'ambiente. In Germania, una specie è invasiva se rappresenta una minaccia significativa per la biodiversità.

Il fatto che una specie sia classificata come invasiva può influenzare le decisioni politiche e portare a restrizioni sulla sua introduzione e coltivazione. In questo caso è opportuno un dibattito, per valutare da un lato se una specie si sta diffondendo con successo, dall'altro per capire se questa diffusione può essere dannosa per gli ecosistemi e per le prestazioni da essi offerte, per l'ambiente e per le persone.

Impatto sulle proprietà del suolo e sulla biodiversità

Ampie ricerche sistematiche e numerosi studi dettagliati su singoli aspetti hanno evidenziato condizioni del suolo complessivamente più favorevoli per la Douglasia rispetto all'abete rosso, e condizioni generalmente meno favorevoli rispetto ai popolamenti di quercia e al faggio (Fig. 4). Nei siti produttivi, il rilascio di nutrienti da parte della Douglasia è paragonabile a quello dell'abete rosso, ma superiore a quello del faggio.

Sebbene la Douglasia non sembri degradare in modo sostanziale il suolo superiore, è probabile che porti a un ulteriore impoverimento dei nutrienti sui terreni più poveri. Tuttavia, nelle stazioni produttive, dove la Douglasia è prevalentemente coltivata in Svizzera, non si può parlare di un suo forte effetto negativo sul suolo.

Per quanto riguarda la diversità delle specie, è emerso chiaramente che per le piante vascolari la struttura del popolamento e la chiusura delle chiome o il grado di penetrazione della luce al suolo sono determinanti per il numero e la composizione delle specie presenti. Sebbene siano disponibili pochi dati sui muschi, gli studi comparativi sul numero di specie di funghi, uccelli e artropodi (insetti, ragni, ecc.) hanno mostrato che i popolamenti puri di Douglasia sono significativamente più poveri di specie e forniscono un habitat per un numero inferiore di specie rispetto ai popolamenti di quercia, faggio e abete rosso (Fig. 4). Solo alcuni gruppi di specie animali sono più ricchi di specie nei popolamenti composti da Douglasie rispetto a quelli di abete rosso.
 

Secondo la maggior parte degli studi, la coltivazione della Douglasia, soprattutto in proporzioni molto elevate (Fig. 5) o in popolamenti puri, ha un forte impatto negativo sulla biodiversità. Ciò si riflette in un minor numero di funghi nel suolo situato sotto le Douglasia, in un minor numero di individui e specie di artropodi nella corteccia e nelle chiome delle stesse Douglasie, il che significa che essi forniscono meno nutrimento, soprattutto agli uccelli forestali svernanti. Inoltre, la Douglasia presenta una minore diversità per quanto riguarda gli organismi coinvolti nella decomposizione del legno morto.

Diversi studi sottolineano che gli effetti negativi sulla diversità e sulle funzioni sono peraltro inferiori nei popolamenti misti. Inoltre, è probabile che un numero sempre maggiore di potenziali organismi nocivi autoctoni si adatti alla Douglasia, come nel caso degli scolitidi autoctoni della corteccia (bostrici) o degli organismi nocivi di nuova introduzione.

La situazione attuale in Svizzera non è comunque né drammatica né rischiosa rispetto a Germania e Francia, Paesi nei quali la percentuale di Douglasie nelle foreste nazionali è circa dieci volte superiore. Tuttavia, nei prossimi decenni la loro quota nelle foreste svizzere aumenterà grazie ai rimboschimenti effettuati sull'Altopiano centrale. In termini di distribuzione del rischio, sono i popolamenti misti che dovrebbero essere privilegiate quando si impiega la Douglasia in ambito selvicolturale. La questione decisiva è a sapere a partire da quale grado di mescolanza della Douglasia si verificheranno effetti negativi sulla biodiversità.
 

Il grado di mescolanza è decisivo

Sulla base di una ricerca bibliografica sistematica, si possono trarre le seguenti indicazioni di massima. Mentre i punti estremi nella Figura 6 dei popolamenti puri con specie arboree autoctone e quelli con Douglasie si riferiscono agli studi esaminati in  Wohlgemuth et al. (2021) , le valutazioni delle tendenze della diversità delle specie nel mezzo corrispondono a un giudizio esperto degli autori. Ciò dimostra che gli effetti negativi sulla biodiversità aumentano significativamente con l'aumento della proporzione di Douglasie. Tuttavia, l'effetto sui vari gruppi di specie è variabile e l'esatto andamento di queste dipendenze è ancora troppo poco conosciuto. Costatazione che suggerisce la necessità di condurre ricerche mirate sulla questione del grado di mescolanza, elemento conoscitivo cruciale per la futura gestione forestale.